Definita una base del potere affettivo della voce umana

 

 

GIOVANNI ROSSI

 

 

 

NOTE E NOTIZIE - Anno XIII – 07 febbraio 2015.

Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento è oggetto di studio dei soci componenti lo staff dei recensori della Commissione Scientifica della Società.

 

 

[Tipologia del testo: RECENSIONE]

 

La voce umana è capace di veicolare contenuti affettivi ed emotivi che costituiscono messaggi speciali, a volte ben più importanti del mero significato delle parole pronunciate. Non solo dalla voce si può comprendere lo stato affettivo della mente di chi parla, così come le emozioni che prova, ma si può anche desumere l’identità affettiva di una persona. Tale proprietà sembra essere in gioco nei potenziali effetti risveglianti attribuiti alla voce di persone care di pazienti in coma.

Il valore affettivo espresso e quello attribuito alla voce, sarebbero qualcosa di più profondamente impresso nei sistemi neuronici cerebrali della semplice computazione corticale cosciente di indici acustici alla luce di memorie cognitive. Sono evocate memorie affettive profondamente legate alle emozioni e a valori identitari della personalità, che avrebbero una base neurobiologica in circuiti di quello che oggi si tende a chiamare cervello emozionale, stante il superamento del pur utile concetto di sistema limbico.

La ricerca sui contenuti emotivi veicolati da vocalizzazioni e richiami animali – si pensi al coinvolgimento del nucleo accumbens nell’espressione dell’aggressività – ha documentato numerosi ed interessanti collegamenti fra gli stati emozionali, la qualità dell’emissione vocale, il valore di segnale e le reazioni evocate o indotte in membri della stessa specie. Per la voce umana, stante anche la più complessa architettura funzionale del nostro cervello e la gamma più vasta e variata di contenuti qualitativi trasmissibili, non si dispone ancora di precisi correlati neurofunzionali. Si ritiene che segni e tracce di emozioni ed affetti rilevati nella voce udita dal nostro sistema acustico, siano decodificati grazie a specifici processi che hanno luogo nelle aree sensoriali della corteccia cerebrale. Si ipotizza che, come per molti segnali rilevanti per la sopravvivenza nell’interazione con l’ambiente naturale e sociale, e per le sorti della specie in chiave evoluzionistica, l’amigdala abbia un ruolo di primaria importanza nel guidare l’elaborazione dei circuiti neuronici di livello più elevato.

Uno studio che valuta per la prima volta, a conoscenza di chi scrive e degli stessi autori del lavoro, le conseguenze distinte di lesioni unilaterali della sola amigdala di destra o della sola amigdala di sinistra sull’elaborazione corticale delle voci umane e dei contenuti affettivi legati al suono vocale recepito, ha ottenuto risultati di notevole interesse (Frühholz S., et al. Asymmetrical effects of unilateral right or left amygdala damage on auditory cortical processing of vocal emotions. Proceedings of The National Academy of Sciences USA – Epub ahead of print doi: 10.1073/pnas.1411315112, 2015).

La provenienza degli autori dello studio è la seguente: Neuroscience of Emotion and Affective Dynamics Laboratory, Department of Psychology, University of Geneva, Geneva (Svizzera); Swiss Center for Affective Sciences, University of Geneva, Geneva (Svizzera); Laboratory for Neurology and Imaging of Cognition, Departments of Neurology and Neuroscience, Medical School, University of Geneva, Geneva (Svizzera); Epilepsy Unit, Department of Neurology, Geneva University Hospital, Geneva (Svizzera).

[Edited by Jocelyne Bachevalier, Yerkes National Primate Research Center, Atlanta, Georgia (USA)].

È opportuno riprendere qualche nozione di neuroanatomia e neurofisiologia dell’amigdala, per collocare nella cornice di conoscenze di base le ragioni che hanno ispirato questo studio. La trattazione che segue è tratta da sintesi proposte in precedenza[1].

L’amigdala o corpo nucleare amigdaloideo è un agglomerato nucleare pari e simmetrico grigio-rossastro a forma di mandorla del diametro di 10-12 mm, situato nella profondità dorso-mediale del lobo temporale, in prossimità topografica della coda del nucleo caudato, ma non collegata fisiologicamente al controllo motorio e procedurale dei nuclei del corpo striato.

L’amigdala, da una parola greca che vuol dire mandorla, occupa la parte anteriore del giro paraippocampico e la parte iniziale dell’uncus, sporgendo davanti al corno di Ammone[2]. Descritta in anatomia con i nuclei della base telencefalica, al suo interno è composta da agglomerati di pirenofori che formano una dozzina di piccoli nuclei classificati in vario modo, anche se più spesso ripartiti in tre aree: amigdala laterale (AL)[3], amigdala centrale (AC)[4] ed amigdala basale (AB). In neurofisiologia l’amigdala era tradizionalmente inclusa nel sistema limbico, secondo la concezione di Paul McLean che considerava le aree filogeneticamente più primitive del cervello come un insieme che, nella nostra specie, avrebbe consentito le risposte emotive ed istintive immediate. Tale concezione, in parte contraddetta dall’emergere di ruoli diversi per alcune strutture limbiche, è venuta a cadere nel tempo e l’amigdala è stata indagata spesso separatamente o nei suoi rapporti con aree neocorticali. Anche se negli ultimi decenni è stata studiata soprattutto in relazione alla paura e all’apprendimento della paura condizionata, i suoi sistemi neuronici intervengono in una gamma considerevole di processi, quali quelli relativi al conferimento di valori d’affezione a stimoli percettivi associati con sopravvivenza e riproduzione, alle risposte di attenzione motivata in chiave di interesse edonico o di allerta e di allarme. Inoltre, come ha spesso rilevato in passato il nostro presidente, numerosi studi suggeriscono che questo complesso nucleare, con le sue estese connessioni, svolga un ruolo critico nella regolazione di vari comportamenti cognitivi e sociali, oltre che affettivo-emotivi[5].

L’importanza dell’amigdala nella paura[6] è bene documentata: “L’integrità dei sistemi neuronici di questa formazione per la percezione del pericolo, l’avvio della risposta fight or flight (la reazione di base “attacco o fuga”) e tutte le risposte esprimenti timore, è ben nota ai ricercatori: le scimmie con esteso danno dell’amigdala stanno ritte di fronte all’uomo, senza presentare alcuno degli atteggiamenti sfuggenti e delle posture improntate a prudenza e ritrosia tipiche della specie”[7].

Il ruolo nella categorizzazione[8], l’asimmetria funzionale delle due amigdale e il conferimento di valori d’affezione[9] sono più difficili da indagare e, pertanto, i risultati della ricerca sono più limitati.

La decodifica corticale delle componenti affettive ed emozionali rilevate nella voce udita si ritiene che sia guidata a distanza dall’amigdala, ovvero dalle memorie di associazione e funzionamento possedute dai suoi circuiti. Su questa base, Sascha Frühholz, Didier Grandjean e i loro colleghi svizzeri, hanno realizzato degli esperimenti funzionali per verificare, per la prima volta, se e come il danno a ciascuna delle due amigdale possa alterare l’elaborazione corticale necessaria alla decodifica dei contenuti di qualità affettiva ed emozionale dei messaggi verbali.

Sono stati realizzati due distinti esperimenti, basati sullo studio mediante risonanza magnetica funzionale (fMRI) del cervello durante speciali prove di ascolto, in pazienti con resezione unilaterale dell’amigdala. Le prove implicavano l’ascolto di voci e suoni non vocali, oppure vocalizzazioni udite con entrambe le orecchie (ascolto binaurale) con due possibili varianti per un solo lato: a) attenzione diretta verso l’informazione emozionale; b) attenzione distratta dall’informazione emozionale.

Nella prima prova, esperimento 1, tutti i pazienti hanno fatto registrare una ridotta attivazione nella corteccia cerebrale omolaterale all’antimero sede della lesione.

Nell’esperimento 2, le voci con forti contenuti emozionali evocavano un incremento di attività sia nella corteccia uditiva che nell’amigdala integra, nei pazienti con danno al complesso nucleare amigdaloideo dell’emisfero destro. Al contrario, in coloro il cui danno era localizzato all’amigdala di sinistra non è stato rilevato alcuno di tali effetti.

Un altro rilievo molto significativo è consistito nell’evidente connessione funzionale fra la corteccia frontale inferiore di sinistra e l’amigdala integra, nei pazienti portatori del danno all’amigdala di destra, in contrapposizione con quanto rilevato in coloro che presentavano un danno a sinistra. In quest’ultimo caso, infatti, la corteccia frontale inferiore sinistra era in connessione funzionale con l’omologa corteccia frontale inferiore di destra, ma non con l’amigdala.

L’analisi dei risultati consente di dedurre questa sintesi concettuale: il danno unilaterale dell’amigdala conduce ad una ridotta elaborazione corticale ipsilesionale della voce (ovvero nella corteccia dello stesso lato della lesione), ma solo le lesioni dell’amigdala di sinistra sono in grado di sopprimere l’elaborazione corticale uditiva dell’affettività vocale.

Concludendo, lo studio di Sascha Frühholz e colleghi, oltre a fornire dati di sicuro interesse, costituisce una piccola tessera nel mosaico emergente dalla ricerca più recente, che comincia  faticosamente a ricostruire le basi neurali della codifica e della decodifica dei valori affettivi della comunicazione e delle astrazioni mentali.

 

L’autore della nota ringrazia la dottoressa Isabella Floriani per la collaborazione e invita alla lettura delle recensioni di argomento connesso che appaiono nella sezione “NOTE E NOTIZIE” del sito (utilizzare il motore interno nella pagina “CERCA”).

 

Giovanni Rossi

BM&L-07 febbraio 2015

www.brainmindlife.org

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 



[1] Note e Notizie 10-09-11 Amigdala più grande nei figli di donne depresse; Note e Notizie 20-11-10 Basi cerebrali della psicopatia, un disturbo ignorato dal DSM – quarta parte; e le altre note che riportano nozioni di anatomia dell’amigdala.

[2] La tradizionale interpretazione di Kappers faceva corrispondere il corpo amigdaloideo all’archistriato dei Sauropsidi. Secondo altri autori, la parte filogeneticamente più antica (archiencefalica) corrisponderebbe ai nuclei della parte ventrale e deriverebbe dal ganglio basale, mentre la parte rimanente sarebbe meno antica o paleoencefalica e deriverebbe dal paleopallio. Ritenuta a lungo un centro di elaborazione esclusivamente connesso con l’olfatto, se ne è poi compresa l’importanza nell’elaborazione delle emozioni e, nella seconda metà del Novecento, la si è studiata in relazione alla rabbia e all’aggressività. I deplorevoli interventi di psicochirurgia su criminali dal temperamento aggressivo ed iracondo, prevedevano spesso la distruzione bilaterale dell’amigdala, con la conseguente induzione di placidità e passività. Negli ultimi decenni è stata studiata soprattutto in relazione alla paura e all’apprendimento (della paura condizionata), in quanto dalla sua elaborazione dipende l’attivazione dei tre principali sistemi che mediano l’attivazione neuroendocrina dell’assetto fisiologico della paura e dello stress nell’organismo [Nota tratta da Note e Notizie 20-11-10 Basi cerebrali della psicopatia, un disturbo ignorato dal DSM – quarta parte].

 

[3] L’amigdala laterale rappresenta il varco di accesso e la sede di elaborazione in entrata, si veda in Note e Notizie 01-11-14 Geni associati alla schizofrenia essenziali per memoria di paura e inibizione.

[4] Note e Notizie 09-02-13 Nuovo modello da un circuito della paura nell’amigdala centrale; Note e Notizie 18-12-10 Amigdala centrale quale sede della segnalazione delle omissioni.

[5] L’esistenza di attività di pianificazione nell’amigdala sembra aver ricevuto una conferma dal seguente studio, segnalatomi dal presidente Perrella: Hernadi I., et al., Nature Neuroscience doi:10.1038/nn.3925, 2015.

[6] Non mancano studi genetici, legati all’espressione della paura, con precise localizzazioni nell’amigdala: Note e Notizie 05-07-14 Nel consolidamento della memoria un ruolo per Tac2.

[7] Note e Notizie 20-11-10 Basi cerebrali della psicopatia, un disturbo ignorato dal DSM – quarta parte.

[8] Note e Notizie 17-09-11 Amigdala umana risponde a categorie di animali; in questo studio solo l’amigdala di destra rispondeva a categorie di animali, costituendo un caso di risposta asimmetrica.

[9] Note e Notizie 16-02-14 L’amigdala combina informazioni su valore e spazio; Note e Notizie 05-07-14 Neuroni selettivi per le emozioni percepite nell’amigdala umana; Note e Notizie 18-12-10 Amigdala centrale quale sede della segnalazione delle omissioni.